Stop ai piatti sbagliati: quando eliminare dal menu è l’unica strategia vincente

 

Stop ai piatti sbagliati: quando eliminare dal menu è l’unica strategia vincente

"Il menu non è una lista di piatti. È una dichiarazione di identità e una strategia di business."

Introduzione: meno piatti, più margine

In molti ristoranti italiani il menu è il risultato di anni di stratificazioni. Piatti inseriti per moda, altri per abitudine, altri ancora per paura di scontentare la clientela. Ma ogni voce in più ha un costo: di gestione, di organizzazione e soprattutto di efficacia.

Eliminare piatti non è un atto di rinuncia. È un atto di forza.
È il momento in cui il ristoratore smette di dire "faccio tutto" e inizia a dire "faccio bene quello che conta".

Perché togliere un piatto può farti guadagnare di più

Un altro rischio spesso sottovalutato è  che il  mantenere a menu piatti poco ordinati ma con ingredienti particolari o delicati, oltre a non generare profitto,  rischia di generare anche uno spreco alimentare diretto. Gli ingredienti, se non ruotano con costanza, vanno a male. Questo comporta un doppio danno: economico e organizzativo.

Ogni piatto ha un peso:

  • Sulle scorte e sugli acquisti

  • Sul lavoro della cucina

  • Sull’organizzazione del servizio

  • Sui tempi di attesa del cliente

Un menu più snello porta a:

  • Meno sprechi

  • Maggiore rotazione delle materie prime

  • Più velocità nei picchi

  • Maggiore chiarezza percepita dal cliente

Come sottolineano gli studi sul menu engineering (Kasavana & Smith), meno scelte = decisioni più rapide e maggiore soddisfazione.

Gli errori più comuni

  • Tenere un piatto nel menu solo perché piace al ristoratore, anche se non è ordinato o redditizio

  • Tenere piatti storici che nessuno ordina più

  • Pensare che ogni cliente debba trovare “qualcosa di suo”

  • Non aggiornare il menu in base a vendite, margini e costi nascosti

  • Tenere piatti difficili per “presidio identitario”, anche se inefficaci

Quando è il momento di togliere un piatto dal menu?

Chiediti:

  • Quanto tempo richiede?

  • Quanto margine reale lascia?

  • Quante volte viene effettivamente ordinato?

  • Quante risorse consuma in preparazione e mise en place?

  • È ancora coerente con il posizionamento del locale?

Se la risposta negativa si ripete almeno 3 volte: quel piatto è un problema.

La strategia vincente: meno è meglio

Il Time-Driven Activity-Based Costing (TDABC) ci ha insegnato che il tempo è un costo.
Ogni piatto che consuma tempo, spazio e materia senza dare un ritorno, erode il guadagno.

Ecco cosa puoi fare:

  • Analizza le vendite per coperto e categoria

  • Calcola il margine operativo netto per piatto

  • Mappa il tempo di preparazione

  • Taglia il superfluo: non “perderai clienti”, guadagnerai coerenza

Conclusione: la semplificazione come atto di leadership

Non si tratta solo di numeri. Si tratta di identità, visione e autorevolezza.
Un menu troppo lungo comunica indecisione. Uno essenziale comunica sicurezza.

Eliminare un piatto può sembrare un taglio. In realtà è un investimento.
Perché un menu snello è più facile da gestire, da raccontare, da vendere… e da far amare.

“Un menu efficace non dice tutto. Dice solo ciò che conta.”

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