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Cosa succede quando il titolare fa tutto da solo?

  Cosa succede quando il titolare fa tutto da solo? “Essere ovunque non significa essere efficaci. Significa solo essere stanchi.” Introduzione: l’illusione del controllo totale Nella ristorazione – soprattutto nelle realtà a conduzione familiare o nei piccoli business – è frequente trovare il titolare ovunque: in sala, in cucina, alla cassa, al telefono, sui social, con il commercialista. Ma fare tutto non è una dimostrazione di forza . È spesso il primo passo verso la perdita di controllo. I segnali che qualcosa non va Le decisioni sono sempre urgenti, mai strategiche Il personale non cresce, si limita a “eseguire” Il ristoratore non ha tempo per formarsi o aggiornarsi I margini si assottigliano senza una visione chiara del perché Chi fa tutto, spesso: Non delega per paura di perdere il controllo Non investe tempo nella pianificazione Si affida all’intuizione anziché ai numeri La verità: il ristorante non funziona SE tu non ci sei? Un’azienda sa...

Chi serve il cliente serve anche il margine: il ruolo strategico della sala

  Chi serve il cliente serve anche il margine: il ruolo strategico della sala “La cucina produce il piatto. La sala ne valorizza il prezzo.” Introduzione: oltre il servizio, la strategia In molti ristoranti si continua a pensare alla sala come a un reparto operativo e alla cucina come al cuore decisionale del locale. Ma in realtà, chi porta il piatto al tavolo porta anche il valore percepito del locale . Chi lavora in sala non è solo accoglienza. È leva strategica di redditività . Il sapere non condiviso non genera margine Molti locali fanno il calcolo del food cost , studiano i margini dei piatti, creano un menu equilibrato. Ma poi… non formano la sala . E così, accade che: Si spingono piatti con margine basso perché "più facili da raccontare" Si risponde "non so" a domande su ingredienti, alternative, porzioni Si sottovaluta il potere delle domande giuste per far crescere lo scontrino medio Un sapere non condiviso è un potenziale sprecato. ...

Stop ai piatti sbagliati: quando eliminare dal menu è l’unica strategia vincente

  Stop ai piatti sbagliati: quando eliminare dal menu è l’unica strategia vincente "Il menu non è una lista di piatti. È una dichiarazione di identità e una strategia di business." Introduzione: meno piatti, più margine In molti ristoranti italiani il menu è il risultato di anni di stratificazioni. Piatti inseriti per moda, altri per abitudine, altri ancora per paura di scontentare la clientela. Ma ogni voce in più ha un costo: di gestione, di organizzazione e soprattutto di efficacia. Eliminare piatti non è un atto di rinuncia. È un atto di forza. È il momento in cui il ristoratore smette di dire "faccio tutto" e inizia a dire "faccio bene quello che conta". Perché togliere un piatto può farti guadagnare di più Un altro rischio spesso sottovalutato è  che il  mantenere a menu piatti poco ordinati ma con ingredienti particolari o delicati, oltre a non generare profitto,  rischia di generare anche uno spreco alimentare diretto . Gli ingredienti, se...

I piatti che ti fanno guadagnare (e quelli che ti fanno solo lavorare): come rivedere il menu con il TDABC

  I piatti che ti fanno guadagnare (e quelli che ti fanno solo lavorare): come rivedere il menu con il TDABC "Ciò che non si misura, non si può migliorare."  (Peter Drucker) Introduzione: oltre la popolarità, la redditività reale Molti ristoratori costruiscono il menu basandosi su due criteri principali: la popolarità dei piatti e il food cost percentuale. Ma in un mercato sempre più competitivo, questa visione rischia di non essere più sufficiente. Grazie al Time-Driven Activity-Based Costing (TDABC) possiamo andare oltre, analizzando quanto ogni piatto contribuisce realmente alla redditività , considerando tempo, risorse e margini effettivi . La trappola della popolarità: il piatto "amato" che ti fa perdere soldi Essere tra i piatti più venduti non è sempre sinonimo di successo economico. Un piatto popolare ma laborioso, che richiede molto tempo e personale, potrebbe avere un margine molto più basso di un altro meno "instagrammabile" ma veloce e...

Quanto ti costa davvero ogni minuto in cucina? Il Time-Driven Activity-Based Costing (TDABC) nella ristorazione

  Quanto ti costa davvero ogni minuto in cucina? Il Time-Driven Activity-Based Costing nella ristorazione Introduzione: oltre l’ABC, verso il controllo del tempo Dopo aver compreso il valore dell’Activity-Based Costing (ABC) nella ristorazione — ovvero associare costi specifici alle attività che compongono il lavoro quotidiano — è tempo di fare un passo ulteriore: misurare il costo del tempo. Il Time-Driven Activity-Based Costing (TDABC) nasce proprio come evoluzione naturale dell’ABC, per semplificare i calcoli e renderli ancora più realistici. Creato da Robert S. Kaplan e Steven R. Anderson , il TDABC permette di legare ogni attività a due dimensioni fondamentali: Il tempo richiesto per svolgerla Il costo per minuto delle risorse coinvolte Perché passare da ABC a TDABC nella ristorazione? "Il tempo è la nuova valuta per capire il valore delle risorse."  (Robert S. Kaplan)  Il sistema ABC è utile per mappare le attività e attribuire i costi indiretti. M...

Dietro ogni piatto c’è un’attività. E ogni attività ha un costo

  Dietro ogni piatto c’è un’attività. E ogni attività ha un costo Introduzione: perché il metodo tradizionale non basta più Molti ristoratori conoscono bene il concetto di food cost, ma spesso ignorano un principio fondamentale: non è solo ciò che compri a incidere sul margine, ma come lavori . La struttura dei costi nella ristorazione è composta da molte variabili invisibili, legate non solo ai prodotti, ma alle attività che vengono svolte quotidianamente. Il metodo Activity-Based Costing (ABC) nasce proprio per affrontare questo problema: attribuire i costi alle attività, non solo ai centri di costo generici . Creato negli anni ’80 da Robert S. Kaplan e Robin Cooper , è stato usato in ambito industriale, ma è oggi più attuale che mai anche nella ristorazione. Cos’è l’Activity-Based Costing (ABC) Il sistema ABC non guarda solo ai reparti o ai prodotti, ma analizza le attività svolte in ogni fase del lavoro (preparazione, approvvigionamento, servizio, pulizia, amministrazio...

Obiettivi di fatturato e obiettivi di valore: come costruire un piano sostenibile nella ristorazione

  Obiettivi di fatturato e obiettivi di valore: come costruire un piano sostenibile nella ristorazione Introduzione: crescere sì, ma con metodo Nel mondo della ristorazione, puntare alla crescita è naturale. Ma crescita non significa solo aumento del fatturato . Significa creare un sistema capace di produrre valore nel tempo, sostenibile sia economicamente che organizzativamente. Molti ristoratori inseguono l’obiettivo del “più” (più clienti, più coperti, più incassi) senza chiedersi “a quale costo?” e, soprattutto, “con quale margine?” . Questo articolo propone un approccio più strategico: passare dal semplice obiettivo di incasso al concetto di valore. Il piano sostenibile parte dal valore, non dai numeri Crescere in modo sostenibile significa fare scelte coerenti con le risorse disponibili, i limiti operativi e la visione del locale. Come sottolinea Jim Collins , autore di "Good to Great", la grandezza si costruisce con disciplina, non con velocità . La ristorazione ...