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Non tutti i sogni diventano imprese: come si costruisce un progetto sostenibile

Aprire un ristorante non è avere un’idea. È capire se ti puoi permettere di realizzarla. Ogni settimana qualcuno mi racconta “la grande idea”: un ristorante nuovo, una pizzeria da 120 coperti, un locale “che spaccherà”. E io lo guardo sempre allo stesso modo: con rispetto, ma senza pietà. Perché tra l’idea e la realtà ci sono numeri, persone, costi, processi, turni, rotazioni tavolo, margini, fiscalità, investimenti, errori che si ripetono da vent’anni e un mercato che non si muove certo per il tuo entusiasmo. “La cultura mangia la strategia a colazione.” – Peter Drucker Nel mondo della ristorazione, la realtà mangia l’idea a cena. E spesso senza nemmeno sparecchiare.  L’idea non basta: serve un metodo che regga la vita vera Milioni di persone hanno un’idea di ristorante. Pochissime hanno un progetto sostenibile. Come direbbe Simon Sinek, tutti sanno cosa vogliono fare. Quasi nessuno sa perché . E il “perché” è il primo punto che si sgretola quando l’entusiasmo finisce. Un l...

L’equilibrio nascosto nei consumi: il Bottigliometro spiegato bene

  Il Bottigliometro: quando gli equilibri parlano più dei conti Parliamo sempre di gestione aziendale. Di come deve funzionare un ristorante, di equilibri, di costi, di margini, di numeri che devono parlare tra loro. Ma c’è un punto che spesso si dimentica:   se una volta il Fisco non aveva idea di come funzionassero davvero le attività, oggi le conosce meglio di noi. Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha iniziato a basare le verifiche su dati che raccontano la vita vera di un locale: consumi, rese, acquisti, porzioni, scorte. E questi controlli — sempre più frequenti — dimostrano una cosa molto semplice: i numeri non mentono, e oggi chi li legge con più precisione è proprio il Fisco. Da qui nasce il famoso bottigliometro,  strumento reale, usatissimo, e soprattutto inoppugnabile quando i conti non tornano. Come funziona davvero il bottigliometro Senza girarci intorno: se in magazzino entrano 40 bottiglie e in cassa risultano 12 consumazioni… la domand...

L’esperienza cliente non finisce al tavolo: finisce alla cassa.

“Quando una semplice serata racconta molto più di una serata.” A volte, anche nel 2025, può capitare di entrare in un locale e vivere un’esperienza che ti ricorda quanto l’ultimo metro pesi tanto quanto il primo. È successo ieri sera. Ero in un locale polifunzionale, uno di quelli che uniscono ristorazione, intrattenimento e diverse attività sotto lo stesso tetto. Atmosfera piacevole, spettacolo ben curato, persone sorridenti. Poi arriva il momento del pagamento: quello che, secondo ogni manuale di hospitality, dovrebbe essere il passaggio più fluido di tutti. E invece no. Una cassa unica per attività completamente diverse. Fila lenta, consumazioni annotate a penna, conti separati “non gestibili sul momento”. La ragazza in cassa — palesemente sotto pressione — mi dice che dividendo troppo rischia di non far tornare i conti. E lì ti rendi conto che il problema non è la persona: è il processo. Il punto non è “chi lavora”: è la struttura che dovrebbe proteggerlo. Non esiste ...

Tavolo a tempo: non è rigidità, è sopravvivenza aziendale

Tavoli a tempo: chi ci guadagna davvero? In Italia arriviamo sempre per ultimi, e anche questa volta non facciamo eccezione: i tavoli “a tempo” stanno diventando realtà anche a Roma. Ti siedi alle 12:30 e il posto è tuo fino alle 13:15. Per alcuni è un affronto, per altri una scelta di civiltà. Per chi conosce i conti, è semplicemente una necessità. Se il tempo non viene gestito, il ristorante non regge. Perché i ristoranti lo fanno 1. Il tempo è un costo invisibile Ogni minuto in cui un tavolo è occupato e non produce, il ristorante perde denaro. Non è un’opinione, è un dato di fatto. Lo sostiene anche Sheryl Kimes della Cornell University, una delle voci più autorevoli al mondo nella gestione dei ricavi della ristorazione: “Un ristorante non guadagna per piatto venduto, ma per posto a sedere per ora.” Quando il tempo si allunga oltre il necessario, il margine si riduce. E oggi il margine è la parte più fragile dell’intero settore. 2. I costi non sono semplicemente aumenta...

TheFork non è Babbo Natale (ovvero: il 50% che costa caro)

TheFork non è Babbo Natale (ovvero: il 50% che costa caro) Londra. Giovedì sera. Un ristorante nel cuore della città, pieno fino all’ultimo tavolo. Fuori la gente aspetta, dentro il ritmo è quello delle serate che funzionano. Io osservo. Non solo da cliente: da consulente. Mi arriva addosso la sensazione precisa di un errore invisibile. Ho prenotato con TheFork, sconto del 50% sul cibo. Bevande escluse, come sempre. Scontrino finale: quarantatré sterline. Ottimo per me. Molto meno per loro. Perché se hai la sala piena, se c’è chi attende in piedi, perché regalare metà del margine? Perché affidare la gestione del valore a un algoritmo esterno? Il meccanismo TheFork promette visibilità, flussi di clienti, coperti certi. Funziona come un grande mercato digitale in cui ogni ristorante espone se stesso e le proprie offerte. In cambio paga una commissione per ogni prenotazione. Sulla carta sembra marketing. Nella realtà, è spesso una forma inconsapevole di scontistica st...

Dai dati alle decisioni: il controllo di gestione che trasforma ogni camera in valore

Dai dati alle decisioni: il controllo di gestione che trasforma ogni camera in valore In hotel e B&B, i numeri non servono solo a misurare. Servono a scegliere. Quando la contabilità diventa strumento strategico, ogni camera smette di essere un costo e inizia a raccontare valore. Molti albergatori pensano che il controllo di gestione serva solo a monitorare l’andamento stagionale o il livello di occupazione. Ma un buon controllo non si limita a dire quanto si è incassato: spiega dove si è guadagnato e dove no. Ogni camera, ogni notte, ogni prenotazione genera numeri che, se letti bene, raccontano molto più del fatturato. Capire quanto rende una camera significa conoscere quanto margine operativo produce ogni posto letto occupato. Dal bilancio al modello gestionale Il punto di partenza è una contabilità industriale, che distingue i costi per natura e per funzione. In una struttura ricettiva, questo significa differenziare tra: costi diretti legati alle camere (pulizie,...

Controllo di gestione nei ristoranti: il vero margine nasce dal dettaglio

Controllo di gestione nei ristoranti: quando i numeri raccontano i tavoli, non solo i conti Molti ristoratori pensano che fare controllo di gestione significhi “sapere quanto si spende e quanto si incassa”. Questa è solo una parte della storia. La vera differenza sta nel dare un senso ai numeri — e questo accade solo quando la contabilità diventa industriale : organizzata per natura dei costi e collegata a parametri operativi reali . Nel settore HoReCa, il bilancio civilistico serve al commercialista. La contabilità industriale serve all’imprenditore: per capire quanto rende ogni tavolo, ogni turno, ogni seduta . Dal conto economico al modello operativo Ogni ristorante ha tre anime: Economica , fatta di numeri e margini. Operativa , fatta di tempi, coperti e rotazioni. Comportamentale , fatta di persone e processi. Il controllo di gestione unisce queste tre dimensioni. Non si limita a dire “hai guadagnato X”, ma mostra dove e come si è guadagnato (o perso) . E qui n...