La brigata invisibile: perché l’empowerment serve anche al ristorante
La brigata invisibile: perché l’empowerment serve anche al ristorante
di Elena Mengozzi
In tanti parlano di empowerment.
Molti lo associano al femminile, alcuni al linguaggio aziendale, altri a una vaga idea di motivazione.
Ma pochi lo collegano a luoghi dove si lavora duramente, si corre, si serve: come una cucina professionale, una sala piena di clienti, un laboratorio di pasticceria.
Eppure è proprio lì che si gioca la partita vera.
Perché anche nella ristorazione, l’empowerment può fare la differenza.
Quando la gerarchia zittisce
Ogni cucina ha la sua struttura.
Il modello della brigata Escoffier ha definito per generazioni il funzionamento delle cucine professionali: ruoli precisi, tempi scanditi, un'organizzazione quasi militare.
Eppure, quella stessa struttura, se non viene evoluta, può trasformarsi in una gabbia silenziosa.
La gerarchia è utile. Ma senza ascolto, genera invisibilità.
In molte brigate, le decisioni calano dall’alto. Chi sta sotto esegue.
E con il tempo, smette di partecipare.
Non si espone. Non propone. Non sbaglia nemmeno — per non rischiare.
L’intelligenza emotiva non si lascia alla porta
Secondo lo psicologo Daniel Goleman, l’intelligenza emotiva è fatta di cinque competenze fondamentali:
consapevolezza di sé, autocontrollo, motivazione, empatia e abilità sociali.
Queste abilità — tutte sviluppabili — non servono solo nei contesti di relazione “soft”, ma sono determinanti anche in ambienti intensi, ad alta pressione.
In una cucina professionale, la capacità di comprendere le emozioni (proprie e altrui), di gestire il conflitto, di ascoltare, può cambiare radicalmente l'efficacia di una squadra.
Riduce il turnover. Aumenta il rispetto. Migliora la qualità del lavoro e, indirettamente, fa bene anche al conto economico.
Empowerment non è solo per donne
Il termine empowerment è spesso associato al femminile.
Ed è vero che, in ristorazione, le donne sono ancora sottorappresentate nei ruoli di comando.
Ma il punto non è (solo) la rappresentanza.
Il vero empowerment è una cultura del riconoscimento.
È la possibilità di contribuire, di essere visti, di avere voce.
Vale per chiunque: uomini, donne, giovani, professionisti con esperienza.
Vale in sala, in cucina, alla cassa.
Per chi serve, per chi accoglie, per chi crea.
La leadership che funziona è generativa
Il leader che impone, oggi, non basta più.
La ristorazione è cambiata: clienti più esigenti, collaboratori più consapevoli, dinamiche più complesse.
La gestione verticale è lenta. E spesso inefficace.
Come sostiene Simon Sinek, le realtà più solide sono quelle dove le persone sentono di appartenere.
Dove c’è responsabilità condivisa.
Dove si lavora con intelligenza, non solo con disciplina.
Il potere delle micro-crepe
Il cambiamento non sempre fa rumore.
A volte comincia in piccolo, quasi in silenzio:
-
Un cameriere che propone un’idea nuova di servizio
-
Una pasticcera che si espone e riceve ascolto
-
Una brigata che inizia a confrontarsi, anziché solo eseguire
È in quei dettagli che si gioca tutto.
Non servono grandi discorsi.
Serve presenza, ascolto, fiducia.
E il coraggio — da parte dei titolari, dei capi reparto, degli imprenditori — di vedere oltre il proprio ruolo.
Conclusione
Una brigata invisibile non è silenziosa.
Sta solo aspettando qualcuno che la ascolti.
E magari, quel qualcuno, sei proprio tu.
Elena Mengozzi
Consulente strategica per il settore HoReCa
Commercialista, osservatrice delle dinamiche che generano valore
— anche quelle che non si leggono in bilancio
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