L’esperienza cliente non finisce al tavolo: finisce alla cassa.


“Quando una semplice serata racconta molto più di una serata.”

A volte, anche nel 2025, può capitare di entrare in un locale e vivere un’esperienza che ti ricorda quanto l’ultimo metro pesi tanto quanto il primo.
È successo ieri sera.

Ero in un locale polifunzionale, uno di quelli che uniscono ristorazione, intrattenimento e diverse attività sotto lo stesso tetto.
Atmosfera piacevole, spettacolo ben curato, persone sorridenti.
Poi arriva il momento del pagamento: quello che, secondo ogni manuale di hospitality, dovrebbe essere il passaggio più fluido di tutti.

E invece no.

Una cassa unica per attività completamente diverse.
Fila lenta, consumazioni annotate a penna, conti separati “non gestibili sul momento”.
La ragazza in cassa — palesemente sotto pressione — mi dice che dividendo troppo rischia di non far tornare i conti.

E lì ti rendi conto che il problema non è la persona:
è il processo.

Il punto non è “chi lavora”: è la struttura che dovrebbe proteggerlo.

Non esiste formazione che possa compensare un impianto organizzativo inefficiente.

Non puoi aspettarti risultati migliori da sistemi che non sono progettati per sostenerli.

E qui i sistemi non sostengono nessuno:
né il cliente, né il personale, né la proprietà.

Il costo reale del tempo perso (che nessuno misura)

La parte più interessante — e più trascurata — è la perdita economica invisibile.

Facciamo due numeri semplici, che ogni ristoratore dovrebbe avere stampati in testa:

  • una cassa lenta che gestisce 5 clienti in 10 minuti invece di 10 equivale a
    –50% di produttività al punto di incasso

  • ogni cliente in attesa percepisce il locale come meno efficiente:
    McKinsey stima che il 70% dell’esperienza cliente dipenda da “come ti fanno sentire”

  • un cliente che esce appesantito da una cattiva gestione del pagamento non torna, e un cliente perso vale mediamente:
    tra 400 € e 1.500 € annui, a seconda della tipologia di locali.

Nel 2024, il rapporto tra prezzo e customer experience è cambiato radicalmente. 
Secondo lo studio Aca, per il 51% dei consumatori un servizio eccellente è più importante del prezzo, mentre il 70% è disposto a spendere di più se l’esperienza offerta è comoda e priva di ostacoli. 

Quindi sì:
chi pensa di “non voler perdere soldi” rifiutando un conto separato…
in realtà li sta perdendo davvero.

Non nell’immediato, ma nel medio periodo.
Silenziosi, invisibili, costanti.

Cultura del cliente: la vera differenza

Come dice anche Danny Meyer, uno dei riferimenti mondiali dell’hospitality:

“L’ospitalità non è servizio.
Il servizio è ciò che fai.
L’ospitalità è come fai sentire le persone mentre lo fai.”

E qui siamo nel punto cieco:
tanta buona volontà, poca architettura gestionale.

Perché quando un cliente arriva in cassa e si sente un problema invece che una persona, la serata perde valore.
E il locale perde qualcosa di più prezioso dei soldi:
la fiducia.

La mia riflessione

Non è una critica al locale.
È una fotografia di qualcosa che succede spesso, troppo spesso:

– processi non separati
– tecnologia non utilizzata
– personale lasciato solo
– ultimi metri non progettati
– valore percepito che crolla proprio in chiusura

E l’HoReCa è un settore dove l’esperienza è un’equazione economica, non un concetto astratto.

Perché sì, nel 2025 può ancora capitare tutto questo.
Obiettivo è investire tempo e risorse per cambiare la cultura dei numeri, dei processi e delle persone.


Elena Mengozzi
Commercialista Strategica | HoReCa & Turismo
La base crea l’altezza.

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