L’esperienza cliente non finisce al tavolo: finisce alla cassa.
“Quando una semplice serata racconta molto più di una serata.”
A volte, anche nel 2025, può capitare di entrare in un locale e vivere un’esperienza che ti ricorda quanto l’ultimo metro pesi tanto quanto il primo.
È successo ieri sera.
Ero in un locale polifunzionale, uno di quelli che uniscono ristorazione, intrattenimento e diverse attività sotto lo stesso tetto.
Atmosfera piacevole, spettacolo ben curato, persone sorridenti.
Poi arriva il momento del pagamento: quello che, secondo ogni manuale di hospitality, dovrebbe essere il passaggio più fluido di tutti.
E invece no.
Una cassa unica per attività completamente diverse.
Fila lenta, consumazioni annotate a penna, conti separati “non gestibili sul momento”.
La ragazza in cassa — palesemente sotto pressione — mi dice che dividendo troppo rischia di non far tornare i conti.
E lì ti rendi conto che il problema non è la persona:
è il processo.
Il punto non è “chi lavora”: è la struttura che dovrebbe proteggerlo.
Non esiste formazione che possa compensare un impianto organizzativo inefficiente.
Non puoi aspettarti risultati migliori da sistemi che non sono progettati per sostenerli.
E qui i sistemi non sostengono nessuno:
né il cliente, né il personale, né la proprietà.
Il costo reale del tempo perso (che nessuno misura)
La parte più interessante — e più trascurata — è la perdita economica invisibile.
Facciamo due numeri semplici, che ogni ristoratore dovrebbe avere stampati in testa:
-
una cassa lenta che gestisce 5 clienti in 10 minuti invece di 10 equivale a
–50% di produttività al punto di incasso -
ogni cliente in attesa percepisce il locale come meno efficiente:
McKinsey stima che il 70% dell’esperienza cliente dipenda da “come ti fanno sentire” -
un cliente che esce appesantito da una cattiva gestione del pagamento non torna, e un cliente perso vale mediamente:
tra 400 € e 1.500 € annui, a seconda della tipologia di locali.
Quindi sì:
chi pensa di “non voler perdere soldi” rifiutando un conto separato…
in realtà li sta perdendo davvero.
Non nell’immediato, ma nel medio periodo.
Silenziosi, invisibili, costanti.
Cultura del cliente: la vera differenza
Come dice anche Danny Meyer, uno dei riferimenti mondiali dell’hospitality:
“L’ospitalità non è servizio.
Il servizio è ciò che fai.
L’ospitalità è come fai sentire le persone mentre lo fai.”
E qui siamo nel punto cieco:
tanta buona volontà, poca architettura gestionale.
Perché quando un cliente arriva in cassa e si sente un problema invece che una persona, la serata perde valore.
E il locale perde qualcosa di più prezioso dei soldi:
la fiducia.
La mia riflessione
Non è una critica al locale.
È una fotografia di qualcosa che succede spesso, troppo spesso:
– processi non separati
– tecnologia non utilizzata
– personale lasciato solo
– ultimi metri non progettati
– valore percepito che crolla proprio in chiusura
E l’HoReCa è un settore dove l’esperienza è un’equazione economica, non un concetto astratto.
Perché sì, nel 2025 può ancora capitare tutto questo.
Obiettivo è investire tempo e risorse per cambiare la cultura dei numeri, dei processi e delle persone.
Elena Mengozzi
Commercialista Strategica | HoReCa & Turismo
La base crea l’altezza.
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