TheFork non è Babbo Natale (ovvero: il 50% che costa caro)
TheFork non è Babbo Natale
(ovvero: il 50% che costa caro)
Londra. Giovedì sera.
Un ristorante nel cuore della città, pieno fino all’ultimo tavolo.
Fuori la gente aspetta, dentro il ritmo è quello delle serate che funzionano.
Io osservo.
Non solo da cliente: da consulente.
Mi arriva addosso la sensazione precisa di un errore invisibile.
Ho prenotato con TheFork, sconto del 50% sul cibo.
Bevande escluse, come sempre.
Scontrino finale: quarantatré sterline.
Ottimo per me.
Molto meno per loro.
Perché se hai la sala piena, se c’è chi attende in piedi, perché regalare metà del margine?
Perché affidare la gestione del valore a un algoritmo esterno?
Il meccanismo
TheFork promette visibilità, flussi di clienti, coperti certi.
Funziona come un grande mercato digitale in cui ogni ristorante espone se stesso e le proprie offerte.
In cambio paga una commissione per ogni prenotazione.
Sulla carta sembra marketing.
Nella realtà, è spesso una forma inconsapevole di scontistica strutturale.
Quando il locale è pieno, la promozione non porta nuovi clienti:
sconta quelli che già ci sarebbero stati.
E quel cinquanta per cento diventa una cesura sul margine, una ferita che non si vede ma incide profondo.
L’equivoco del pieno
Molti ristoratori confondono il pieno con il profittevole.
Credono che la sala piena sia la prova che tutto funziona.
Ma il margine non sta nella quantità, sta nella qualità della vendita.
Un tavolo occupato a metà prezzo non è un successo: è un mancato utile.
E a fine mese, è ciò che divide chi lavora molto da chi lavora bene.
La strategia vera
Non si tratta di rinnegare le piattaforme.
Si tratta di usarle con consapevolezza.
TheFork dovrebbe essere una valvola, non un canale aperto.
Uno strumento tattico per coprire i momenti lenti, non la spina dorsale del fatturato.
Un ristoratore strategico lascia uno o due tavoli attivi in promozione.
Solo nei giorni deboli.
Solo quando serve generare movimento.
Mai quando la domanda c’è già.
È così che la tecnologia diventa alleata, non padrona.
È così che il margine resta a casa tua.
La verità del margine
Ogni piatto ha un costo.
Ogni tavolo un equilibrio.
Ogni sconto un prezzo che qualcuno paga.
La promozione ha senso solo se riempie spazi vuoti,
se porta clienti nuovi,
se alimenta una strategia più ampia di fidelizzazione.
Altrimenti è una vetrina che riflette bene, ma non genera valore.
Conclusione
Londra mi ha ricordato questo: un locale pieno non è un locale sano.
Un calendario di prenotazioni non è una strategia.
E TheFork, per quanto utile, non è Babbo Natale.
La vera forza sta nel sapere quando accendere la luce e quando lasciar stare.
Nel capire che non tutto ciò che riempie, conviene.
E che la gestione del valore non si delega: si costruisce, tavolo dopo tavolo, decisione dopo decisione
Capire quando uno sconto diventa strategia e quando diventa perdita è una forma di lucidità manageriale.
È questo, oggi, il vero controllo di gestione:saper distinguere tra ciò che riempie e ciò che costruisce valore.
Elena Mengozzi
Commercialista strategica | HoReCa & Turismo esperienziale
La base crea l’altezza.
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