Aprire una partita IVA non ti rende un imprenditore. E nel mondo della ristorazione, te lo presenta presto il conto.

Aprire una partita IVA non significa essere imprenditori


C’è una verità che non piace, ma che va detta: aprire una partita IVA non significa diventare imprenditori.
Nel settore della ristorazione, questo fraintendimento è una delle principali cause di fallimento.

Secondo il Rapporto Ristorazione 2025 FIPE-Confcommercio, solo il 53% delle imprese resta attivo dopo cinque anni.
Tradotto: quasi una su due chiude.
E non perché manchi la passione — quella ce l’hanno tutti, all’inizio — ma perché manca la struttura.

In Italia aprire un locale è ancora visto come un sogno romantico: il bistrot curato, la cucina “come una volta”, la location d’effetto.
Poi arrivano gli incassi ballerini, i fornitori da pagare, l’affitto che pesa come un macigno, e nessuno ha più voglia di fare i conti — letteralmente.

Il problema non è la concorrenza, né il costo della materia prima.
Il problema è che molti non sanno cosa stanno gestendo.
Non esiste un controllo dei costi, non si conosce il margine reale, non si pianifica.
Si naviga a vista, finché la cassa tiene. Poi si cerca “il colpevole”: le tasse, il commercialista, il personale.

Ma la verità è semplice: non si può gestire ciò che non si misura.
E questo vale più che mai in un settore come la ristorazione, dove i numeri parlano prima ancora del servizio.

Dall’esperienza al mestiere d’impresa

Aver lavorato in un ristorante è un ottimo punto di partenza.
Sai cosa succede in sala, conosci le dinamiche della cucina, capisci il ritmo del servizio.
Ma tutto questo, da solo, non basta per far funzionare un’azienda.

Il passaggio da lavoratore a imprenditore richiede una cosa che in pochi mettono in conto: formarsi su ciò che non si vede dal pass.
Serve conoscere il food cost, i flussi di cassa, la gestione del personale, la normativa, il marketing, la costruzione dell’esperienza cliente.
Tutti pezzi che, insieme, fanno impresa.

La formazione: la base che molti saltano

La ristorazione non è solo mestiere, è metodo.
E il metodo si costruisce studiando: frequentando corsi, confrontandosi con professionisti, imparando a leggere i numeri, a usare i dati per decidere.

La formazione non è un costo, è una forma di tutela.
Chi si forma capisce prima dove sta andando, riconosce gli errori e li corregge quando sono ancora piccoli.
Senza formazione, si lavora tanto e si cresce poco.

Imparare a gestire significa anche capire i limiti del proprio ruolo.
Solo chi ha visione può davvero delegare.

La delega: il punto di svolta

Delegare non significa “lasciare fare”.
Significa costruire un sistema che funziona anche senza di te.
Vuol dire fidarsi, ma dopo aver creato procedure, strumenti, responsabilità chiare.

Chi resta intrappolato nel “faccio tutto io” non cresce mai.
Chi invece impara a formarsi, strutturarsi e poi delegare, diventa un imprenditore vero.

Formarsi.
Capire.
Misurare.
Delegare.

È questa la sequenza.
Non si nasce imprenditori: ci si diventa, un passo alla volta.

Conclusione

Essere imprenditori non significa “avere un ristorante”.
Significa saperlo far vivere, giorno dopo giorno, con strategia, lucidità e capacità di visione.

Aprire è facile.
Restare aperti, no.
E la differenza la fa sempre la strategia.


Io sono Elena Mengozzi: da sempre intreccio numeri, persone e visione.
Aiuto ristoratori e albergatori a massimizzare risultati e valore autentico.
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