Controllo di gestione nei ristoranti: il vero margine nasce dal dettaglio

Controllo di gestione nei ristoranti: quando i numeri raccontano i tavoli, non solo i conti

Molti ristoratori pensano che fare controllo di gestione significhi “sapere quanto si spende e quanto si incassa”.
Questa è solo una parte della storia.

La vera differenza sta nel dare un senso ai numeri — e questo accade solo quando la contabilità diventa industriale: organizzata per natura dei costi e collegata a parametri operativi reali.

Nel settore HoReCa, il bilancio civilistico serve al commercialista.
La contabilità industriale serve all’imprenditore: per capire quanto rende ogni tavolo, ogni turno, ogni seduta.

Dal conto economico al modello operativo

Ogni ristorante ha tre anime:

  • Economica, fatta di numeri e margini.

  • Operativa, fatta di tempi, coperti e rotazioni.

  • Comportamentale, fatta di persone e processi.

Il controllo di gestione unisce queste tre dimensioni.
Non si limita a dire “hai guadagnato X”, ma mostra dove e come si è guadagnato (o perso).

E qui nasce la svolta: costruire una contabilità per natura, distinguendo con precisione materie prime, personale, energia, affitti e marketing, per collegare ogni voce a un driver operativo.

Una volta identificato il costo, sarà possibile imputarlo al singolo parametro, ad esempio:

  • costo materie prime → per coperto o per piatto medio

  • costo personale → per turno o per ora effettiva di servizio

  • costi fissi → per seduta disponibile o per tavolo operativo

Il risultato?
Capire quanto costa e quanto rende ogni posto.
Solo così è possibile guidare l’impresa, invece di subirla.

Excel: la base, non il finale

Spesso si sente dire che il controllo di gestione è possibile solo attraverso sistemi informatici complessi.

Falso.

Excel è la base di partenza di un sistema evoluto.
È lo strumento su cui nasce la prima griglia di controllo: uno schema che l’imprenditore può personalizzare, aggiornare e far crescere nel tempo.
Da lì prende forma un sistema su misura — non imposto da software standardizzati, ma costruito attorno alla logica reale dell’impresa.

Quando l’imprenditore ne diventa protagonista, e non semplice spettatore, quel file smette di essere un foglio: diventa uno strumento decisionale.

Contabilità analitica: il livello che fa la differenza

Come confermato dallo studio Management Accounting Practices in the Hospitality Industry (Campos et al., 2022), una contabilità maggiormente analitica permette agli imprenditori di andare in profondità nelle dinamiche del proprio business, identificando con chiarezza da dove arrivano i ricavi e dove si generano i costi.

Ma la differenza non è solo teorica: è di dettaglio.

In un ristorante, scrivere “acquisti merci” non serve quasi a nulla.
Serve invece distinguere le voci degli acquisti, ad esempio, carne, pesce, farine, vini, verdure, dolci.

Solo così puoi:

  • costruire un food cost reale, non stimato “a sensazione”;

  • verificare l’incidenza per categoria merceologica;

  • arrivare fino alla costruzione del ricettario, dove ogni piatto ha il suo costo vivo aggiornato.

La stessa logica vale per il personale: non basta sapere quanto costa “in totale”, ma è necessario suddividere i costi tra sala, cucina, lavaggio, bar o delivery.
Perché se la marginalità cala, devi sapere dove intervenire, non solo che “qualcosa non va”.

Nella pratica, questo approccio si traduce in risultati molto concreti.

Analisi del food cost per categoria merceologica: sapere che “il pesce” pesa per il 48% sui ricavi mentre “i primi piatti” per il 32% permette di riequilibrare il menù con cognizione di causa.

Analisi dei turni di lavoro: individuare in quali orari il ristorante lavora in perdita perché il costo del personale supera la marginalità dei coperti serviti.

Rendimento per seduta: comprendere se la disposizione della sala e la rotazione dei tavoli sostengono o penalizzano la redditività,

Solo una struttura analitica, costruita per natura e per centro di costo, permette di leggere il ristorante come un organismo vivo: sala, cucina, personale e margini che si muovono insieme.

Dalla griglia alla sala: quando anche l’arredo diventa strategia

Un controllo di gestione intelligente non resta nel file: entra in sala.
Perché se il KPI è la seduta, allora anche la disposizione dei tavoli cambia il conto economico.

Tavoli rettangolari invece che quadrati, dimensioni studiate per ottimizzare lo spazio e la rotazione, percorsi fluidi per il servizio:
ogni scelta d’arredo incide sulla produttività della sala e sul numero reale di coperti servibili in un turno.

E così, dal foglio Excel si passa alla planimetria:
una mappa viva che mostra dove ottimizzi le risorse, dove si crea valore e dove invece lo stai perdendo in metri quadri inutilizzati.

È qui che la contabilità industriale incontra il design funzionale.
È qui che i numeri smettono di essere conti e diventano strategie di spazio.

Le persone: la vera leva del sistema

Nessun modello funziona senza chi lo vive.
Il controllo di gestione non è un atto tecnico, ma un cambio di mentalità.

Serve che il personale capisca il perché dei numeri, che i responsabili di sala e cucina leggano insieme i dati, e che tutti partecipino alla stessa logica di miglioramento.

Il risultato economico non nasce da un file, ma da mille micro decisioni quotidiane prese da chi il locale lo fa vivere ogni giorno.

Conclusione

Il controllo di gestione non è un obbligo: è una leva.
E come ogni leva, funziona solo se viene utilizzata con consapevolezza.

Excel è la base, la sala è la conseguenza, le persone sono il motore, la redditività è il risultato.

Il controllo di gestione non è una fase standard, ma un percorso estremamente personalizzato.
Se l’imprenditore lavora da solo o affiancato da un professionista, è proprio insieme che si definiscono i parametri davvero importanti: quelli che riflettono la realtà dell’azienda e ne guidano le decisioni operative.


A cura di Elena Mengozzi
Commercialista strategica | Consulente per il controllo di gestione nel settore HoReCa


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